19 Giugno
Gita a Triora
Visita al museo etnografico(sala Brassetti) e della stregoneria.
SALA MARGHERITA BRASSETTI
Luigia Margherita Brassetti, nobildonna cagliaritana, giunse
a Triora nel settembre 1901 e qui visse fino alla morte, il 24 aprile 1927.
Margherita seppe farsi voler bene dai Trioresi, aiutando i poveri con cospicue somme tratte dal suo patrimonio. Svolse un’intensa attività di apostolato religioso e sociale per la gioventù femminile
locale fondando congregazioni femminili, tra cui nel 1909 le Figlie di Maria, che contava ben 130 iscritte già nel suo primo anno di vita. Per le
giovani creò un laboratorio di cucito e ricamo, aprì un teatro e un piccolo cinematografo, mentre con un’altra congregazione, le Sacramentine, si
occupò della preparazione e della riparazione degli indumenti sacri della chiesa.
Assistette sul letto di morte il beato Tommaso Reggio, arcivescovo di Genova deceduto a Triora nel 1901 e finanziò per oltre un terzo la spesa
per il monumento al Redentore sul monte Saccarello, versando l’allora ingente somma di diecimila lire.
Il ricordo di Margherita Brassetti è ancora vivo nella memoria dei più anziani. Delle sue attività benefiche,
delle sue privazioni, della sua vita parlano i suoi diari, le fotografie, i cilici, ma soprattutto gli scritti delle amiche più intime e i pensierini che gli alunni delle scuole le
dedicarono in occasione dei suoi funerali.
I Trioresi, riconoscenti, hanno voluto dedicarle questa piccola sala colma di ricordi e di oggetti che le appartennero, fra cui una sua foto gigante, un grammofono, molte fotografie e cartoline, il
letto dove si coricava, un copriletto, un candeliere religioso e soprattutto i suoi preziosi diari e alcuni strumenti di flagellazione con i quali si puniva da sé quando riteneva di aver commesso
qualche “peccato”.
All’ingresso della sala è uno stipite del portale della
chiesa di Sant’Onofrio, edificata nel 1601 e successivamente incorporata in una casa di campagna, ai margini di un bellissimo bosco di
castagni. L’architrave raffigura due esseri fantastici e reca al centro la scritta “F.C.”, riferita con ogni probabilità alla famiglia Capponi.
Sopra l’ingresso un’altra targa marmorea ricorda lo speciale privilegio concesso alla chiesa di San Francesco, l’aggregazione alla basilica
di San Giovanni Laterano di Roma, avvenuta il 26 giugno 1610. La chiesa e il convento, i cui lavori furono deliberati dal Parlamento triorese il 21 aprile 1593, sorse nella migliore località del
paese e, fatto salvo il periodo napoleonico, rimase operante fino al 1879, quando venne spogliata dei suoi oggetti sacri e trasformata in caserma alpina. Successivamente colonia estiva e ancora
caserma durante il secondo conflitto mondiale, ospita oggi l’Hotel Colomba d’Oro.
Nella sala compaiono altri oggetti interessanti, fra cui macchine da cucire, un tombolo e una navetta, che ricordano l’attività di cucito e ricamo insegnata dalla Brassetti. Particolari sono l’arcaica vasca con scaldaacqua e lo scaldaletto, da collocare sotto le coperte; tra gli altri oggetti merita un cenno la taabaca, una tavoletta lignea con una maniglia mobile in ferro che, agitata, provoca un rumore assordante. Usata solitamente per annunciare le funzioni religiose durante la settimana santa, quando era proibito l’uso delle campane, veniva suonata anche goliardicamente durante i ciaavügli, il momento in cui veniva canzonato allegramente quel vedovo che era passato a nuove nozze.
La stufa in terracotta visibile nella sala è stata in uso in Municipio fino alla fine degli anni Sessanta, mentre le due alabarde appoggiate al muro sono quanto resta degli addetti al servizio d’ordine alle dipendenze del Comune. Gli alabardieri, vestiti in nero, sciarpa a tracolla, feluca nera e bottoni dorati, passarono poi al servizio della parrocchia. Al momento dell’elevazione o della benedizione, l’alabardiere, dopo aver piegato il ginocchio a terra, dava tre colpi sul pavimento con l’asta dell’alabarda.
Molte fotografie, infine, testimoniano dai muri di questa sala avvenimenti storici o riti popolari del paese.